Dunque Pompei, strettamente connessa con Roma, si configura, in ogni caso, come riflesso delle principali tendenze registrate nel tempo presso la grande capitale dell’impero: la spinta espansionistica romana sui grandi regni ellenistici, a cui la stessa Pompei prende parte, porta con sé la scoperta di nuovi territori e di quella prosperità determinata dai proventi delle loro conquiste, con influssi culturali e tendenze artistiche in cui a dominare è la luxuria, l’ostentazione aristocratica della ricchezza attraverso l’esibizione del lusso, a Roma stessa così come a Pompei, in un processo di emulazione puntuale in cui, talvolta, Pompei ha addirittura superato Roma.Il collegamento tra “centro e periferia” diverrà sempre più vigoroso, quando le ricchezze giunte a Roma e nelle città vesuviane a seguito delle conquiste mediterranee faranno emergere nelle comunità quel dibattito pubblico che oscilla tra l’apertura alla cultura ellenistica mediterranea e il ritorno a quel passato frugale e severo e a quell’austerità dei costumi vagheggiata come il segreto del successo romano. Le élite romane plasmeranno sempre più i propri comportamenti seguendo le “linee guida” dettate dalla nobilitas conservatrice di ascendenza repubblicana.
La parola d’ordine in questo periodo, anche a Pompei, è legata all’evergetismo; lo sfoggio della propria agiatezza attraverso la realizzazione di sontuose residenze private e le commissioni di lussuose opere d’arte lascia il posto alla costruzione di nuovi edifici sacri e alla dedica di monumenti pubblici al fine di ottenere cariche municipali e, dunque, di ambire a una privilegiata posizione nella società. Tutto questo, fino alla restaurazione dei costumi voluta da Augusto con la riaffermazione artistica del classicismo e, dunque, del rigore e dell’austerità riflessi, anche a Pompei, nella scultura e nella pittura del cosiddetto “Terzo Stile”.
Sarà il terremoto del 62 d.C. a creare inevitabilmente una cesura netta tra le due città, dal momento che Pompei, colpita duramente dal sisma, registrerà un profondo declino economico, cui seguirà uno sforzo rilevante dedicato alla sua ricostruzione, di cui le pareti dipinte in “Quarto Stile” rappresentano un importante indicatore. Ma sarà uno sforzo in parte vano: l’eruzione distruttiva del Vesuvio del 79 d.C. sancirà la definitiva rovina di Pompei, lasciando Roma a rimarcare, con l’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio che oggi ospita il rinnovato rapporto tra i due centri, il suo ruolo di indiscussa capitale.
In estrema sintesi, la mostra Pompei 79 d.C. Una storia romana intende rimarcare, attraverso le testimonianze materiali, il ruolo rivestito dalla città vesuviana nella compagine storica e artistica dell’impero romano, in un contesto lungi dall’essere considerato un ininfluente suburbio di periferia, ma più propriamente una realtà ben caratterizzata e all’altezza della capitale.
La rigorosa impostazione della mostra si deve a Mario Torelli, che con grande entusiasmo e sconfinata passione aveva accettato di curarla con l’intento di contribuire con la sua immensa cultura a una rilettura dei rapporti tra Roma e Pompei anche alla luce delle più recenti scoperte archeologiche effettuate nella città vesuviana.
La sua recente scomparsa gli impedirà di vedere compiutamente realizzato il suo ultimo progetto scientifico. A lui un pensiero di viva gratitudine non solo per averci accompagnato e guidato nel progettare e realizzare questa esposizione, ma soprattutto per averci trasmesso la grande responsabilità di coloro che operano per tutelare il patrimonio culturale e per rendere tutti i cittadini pienamente consapevoli della sua importanza, quale valore identitario ed elemento significativo di coesione sociale, nell’ambito di una stretta e imprescindibile relazione tra cultura e impegno civile.
Alfonsina Russo
Direttore Parco archeologico del Colosseo
Massimo Osanna
Direttore Generale Musei Direttore ad interim Parco Archeologico di Pompei