Le Decorazioni e l'Eredità Letteraria di Virgilio rivelano il contrasto tra idealizzazione agricola e realità urbana nell'antica Roma.
I recenti scavi nell’Insula 10 della Regio IX a Pompei (Amoretti et al. 2023; Zuchtriegel et al. 2024 a) hanno rivelato un ambiente interpretabile come un sacrario, con pareti dipinte di azzurro, attribuibili al IV Stile, decorate con figure femminili che rappresentano le stagioni, oltre a due allegorie dell’agricoltura e della pastorizia. Per comprendere meglio il suo significato storico-culturale, è necessario richiamare brevemente il contesto più ampio in cui – almeno per le classi sociali che commissionavano e utilizzavano questi spazi – il mondo agricolo era ormai un ricordo nostalgico, lontano dall’esperienza diretta dell’élite urbana.
A livello letterario, questo sviluppo diventa evidente quando Virgilio, negli anni ’30 del I secolo a.C., a metà della sua vita (nato circa nel 70 a.C.), scrive le Georgiche, apparentemente celebrando l’inizio di un’era di rinnovamento, in linea con il progetto di Ottaviano, alla cui corte il poeta si stava avvicinando sempre di più. Già nelle Bucoliche, scritte qualche anno prima (circa 42-39 a.C.), Virgilio aveva incorniciato il suo adattamento dell’idillio alessandrino con un elogio del nuovo ordine. La quarta ecloga, che nella lettura cristiana diventerà una profezia messianica, parla del puer che sarebbe nato e avrebbe inaugurato una nuova età dell’oro, riferendosi probabilmente al matrimonio tra Ottavia, sorella del futuro Augusto, e Marco Antonio. Anche nelle Georgiche (1, 25 sgg.), Virgilio rende omaggio a Cesare Ottaviano. Tuttavia, l’opera di Virgilio è sempre stata caratterizzata da una certa ambivalenza, e la sua grandezza risiede forse proprio in questo. Dietro l’apparente idillio e l’esaltazione di una nuova età aurea, si percepisce un profondo senso di perdita e l’irrecuperabilità di un mondo tramontato. Questo sottotesto diventa piuttosto evidente nelle Bucoliche, dove, nella prima ecloga, si fa riferimento alla redistribuzione delle terre dei contadini italici a favore dei veterani della guerra civile. L’Arcadia decantata si rivela così un territorio contestato, misurato e suddiviso; la massa di coloni e veterani che prende possesso delle terre assegnate loro dal potere romano conferisce al paesaggio idilliaco una luce fredda e amara, se visto con gli occhi delle persone depauperate ed emarginate. L’età del rinnovamento è, in realtà, anche un’età della nostalgia.
Fonte: Parco Archeologoco di Pompei