In uno degli ambienti del panificio erano già emerse nei mesi scorsi tre vittime, a conferma che nonostante la ristrutturazione in corso, la dimora fosse tutt’altro che disabitata. Questo luogo angusto e senza finestre esterne era utilizzato per sfruttare persone ridotte in schiavitù e asini per macinare il grano destinato alla produzione del pane. Le vittime, uomini, donne e animali, erano costrette a girare per ore in un ambiente chiuso, con piccole finestre grigliate per far passare la luce.
La scoperta è avvenuta durante gli scavi nella Regio IX, insula 10, come parte di un progetto più ampio per la messa in sicurezza e la manutenzione della città antica di Pompei. La casa, divisa tra una zona residenziale decorata con affreschi e un'area produttiva per il pane, ha restituito un quadro sconcertante delle condizioni di schiavitù.
Il Direttore Gabriel Zuchtriegel sottolinea che questo lato della schiavitù antica è privo di rapporti di fiducia, caratterizzato dalla violenza brutale, come indicato dalla chiusura delle finestre con grate di ferro. Le raffigurazioni iconografiche e le fonti letterarie suggeriscono che solitamente una macina era azionata da una coppia composta da un asino e uno schiavo, il quale non solo spingeva la mola ma anche gestiva il processo di macinatura.
Le nuove scoperte permettono di comprendere meglio il funzionamento pratico dell'impianto produttivo descritto anche da Apuleio nel II secolo d.C. La zona produttiva, senza porte verso l'esterno, suggerisce la presenza di persone ridotte in schiavitù, prive di libertà di movimento. La presenza di incavi semicircolari intagliati nelle lastre di basalto vulcanico intorno alle macine indica un sistema progettato per evitare che gli animali scivolassero durante il processo di macinatura.
Nelle Metamorfosi IX 11-13, Apuleio narra l'esperienza di Lucio, il protagonista trasformato in un asino, che viene successivamente venduto a un mugnaio. Questo racconto è degno di menzione qui per intero, poiché fornisce diverse prospettive utili per interpretare il contesto architettonico emergente a Pompei. È importante considerare la distanza cronologica e geografica tra la provincia africana del II secolo d.C. di Apuleio e la Pompei degli anni precedenti al 79 d.C.
Nella nona sezione delle Metamorfosi, Apuleio racconta l'esperienza di Lucio, trasformato in un asino e venduto a un mugnaio. Le bestie da soma, comprese le macine, giravano incessantemente in circuiti circolari, producendo farina giorno e notte. Nonostante il nuovo padrone trattasse Lucio bene all'inizio, concedendogli un giorno di riposo e nutrendolo abbondantemente, la sua vita beata finì presto.
Lucio venne attaccato a una grande macina e, con gli occhi bendati, fu costretto a percorrere un solco circolare, ricalpestando continuamente le sue impronte. Nonostante cercasse di evitare il lavoro, fu colpito dai bastoni e costretto a muoversi rapidamente intorno al percorso.
Questo improvviso cambiamento suscitò l'ilarità della compagnia. Dopo essere stato stordito dalle bastonate, Lucio fu liberato dalla macina e messo davanti a una mangiatoia. Nonostante la fame e la stanchezza, la sua curiosità lo spinse a osservare il brutale ambiente di lavoro. Gli schiavi erano maltrattati, segnati e vestiti in modo indecente, con la fronte marchiata e i piedi incatenati. Gli animali da soma erano anch'essi miserabili, afflitti da piaghe, costretti a mangiare paglia marcita e correre senza sosta.
Lucio, riflettendo sulla sua triste condizione, si chinò e si rassegnò alla realtà della sua esistenza da asino schiavo.
Di seguito il racconto completo di Apuleio:
IX, 11: Lì un gran numero di bestie da soma, descrivendo percorsi circolari senza fine, facevano ruotare con giri più o meno larghi le macine; e non soltanto di giorno, ma anche per tutta la notte, grazie alla rotazione ininterrotta di quei congegni, stavano svegli a produrre farina senza dormire mai. Quanto a me però, forse perché non mi lasciassi spaventare dalla prima esperienza di quel lavoro, il nuovo padrone mi trattò da ospite privilegiato: quel primo giorno infatti me lo diede di vacanza e mi riempì generosamente di cibo la mangiatoia. Tuttavia quella vita beata, fatta di ozio e di dieta ricostituente, non durò molto di più, perché già il giorno dopo di buon mattino vengo attaccato a una macina, e a quella che pareva la più grossa, e subito, con gli occhi bendati, vengo spinto sulla pista curva di quel fossato circolare in modo che, nel cerchio di quel solco che correva tutto in tondo, continuassi a ricalpestare le mie impronte tornandoci sempre sopra coi passi, e ad andare vagando senza meta lungo un percorso sempre fisso. Io comunque non mi dimenticai del tutto la mia astuzia e il mio senso pratico, così da offrirmi docilmente all’apprendimento del mestiere e, sebbene quando ancora vivevo tra gli uomini avessi visto mille volte manovrare questi congegni in modo simile, tuttavia fingendo di non capire, come se fossi assolutamente all’oscuro di quel lavoro, me ne restavo lì impalato senza muovere un passo; credevo infatti che, ritenuto poco adatto, anzi decisamente inutile a questo genere di mansione, sarei stato quantomeno destinata a una fatica più leggera o che addirittura mi avrebbero dato lo stesso da mangiare, lasciandomi senza far nulla. Ma l’ingegnosità di cui diedi prova si rivelò inutile, anzi dannosa. Infatti senza perder tempo mi si piazzarono intorno in tanti, armati di bastoni, e mentre io, che avevo gli occhi bendati, me ne stavo ancora lì tutto tranquillo, all’improvviso, a un dato segnale e con un coro di grida, mi scaricano addosso un cumulo di bastonate e mi stordiscono a tal punto con tutto quel chiasso che io, abbandonati tutti i miei piani, da bravo mi butto subito con tutto il mio peso sulla fascia di corda e mi metto a correre in tondo a gran velocità. IX, 12: Quest’improvviso cambiamento di condotta suscitò naturalmente l’ilarità di tutta la compagnia. La giornata era ormai quasi finita e io comunque ero proprio a pezzi, quando mi staccarono dal collare di corda e scioltomi dalla macina mi misero davanti alla mangiatoia. Io però, anche se ero completamente sfinito, assolutamente bisognoso di rimettermi in forze e davvero morto di fame, tuttavia, distratto e tutto preso dalla mia solita curiosità, misi per un momento da parte il cibo – e ce n’era una quantità enorme – e me ne stavo a osservare con un certo interesse l’organizzazione di quell’odioso posto di lavoro. Bontà divina, che sottospecie di uomini che c’erano! Con la pelle tutta segnata la lividi scuri, con la schiena piagata dai colpi, su cui uno straccio lacero più che coprire faceva ombra; alcuni poi avevano addosso solo un pezzo di panno ridottissimo intorno alle parti intime, e tutti quanti comunque erano vestiti in modo tale che attraverso quei cenci gli si vedeva tutto, avevano la fronte marchiata da lettere, la testa rasata a metà e i piedi incatenati, ed erano sfigurati dal pallore e con le palpebre consumate dall’oscurità nebbiosa di quell’ambiente buio e fumoso e perciò ci vedevano molto male. E, come i pugili che combattono tutti cosparsi di polvere, erano schifosamente coperti del bianco di quella polvere farinosa. IX, 13: Come descrivere poi e con quali parole gli animali miei compagni di schiavitù? Che muli decrepiti, che ronzini sfiancati! Se ne stavano intorno alla mangiatoia, con la testa affondata a triturare mucchi di paglia, col collo che cascava giù per il marciume putrefatto delle piaghe, le narici molli divaricate dagli incessanti colpi di tosse, il petto ulcerato dallo sfregamento continuo contro la cinghia di corda, le costole scoperte fin quasi all’osso dalle infinite percosse, gli zoccoli allungati a dismisura a furia di correre intorno senza tregua, e tutto il cuoio rovinato da una crosta di sporcizia, dalla magrezza e dalla rogna. Temendo anche per me la stessa penosa sorte di quella compagnia di schiavi e ripensando alla condizione felice del Lucio che ero un tempo, precipitato ormai all’estremo limite della sopravvivenza, chinai il capo e me stavo tutto mesto.
(traduzione di Laura Nicolini tratta da:
Apuleio, Le Metamorfosi, Bur, Milano
2005).
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(Il documento PdF si concentra sugli scavi archeologici nella Regio IX insula 10 di Pompei, iniziati nel 2023. Viene esplorata una casa con panificio, unica per la convivenza di spazi residenziali decorati e una parte produttiva per la panificazione. Il documento dettaglia anche la storia degli scavi nella zona, risalenti al 1888, e fornisce un'analisi dettagliata delle strutture, decorazioni e utensili trovati. Viene inoltre esaminata la storia edilizia dell'abitazione e del panificio, con particolare attenzione alla razionalizzazione degli spazi e alla dura realtà del lavoro nei panifici antichi.)
Fonte: Parco Archeologico di Pompei