Il nome di questa abitazione prende il nome dall’ultima persona che verosimilmente ne ebbe il possesso o che quantomeno la abitò, noto in italiano come Giulio Polibio. Questa teoria trova fondamento nei numerosi manifesti elettorali che si trovano su tutta la zona intorno all’abitazione. Polybius, proveniente da una famiglia composta da liberti imperiali impegnata nell’amministrazione locale venne candidato al duumvirato per la città di Pompei.
Una seconda ipotesi è che la casa sia appartenuta a C.Iulius Philippus; quest’altra teoria si baserebbe su un suo sigillo ritrovato in un armadio all’interno del peristilio. Ad ogni modo la casa risalirebbe al II secolo a.C. ed è di dimensioni importanti. Sulla facciata d’ingresso sono stati rinvenuti quattro pentametri di un poeta anonimo:
“Nulla può durare in eterno al mondo. Quando il sole ha speso il suo splendore, s’immerge in mare. Cala la luna dopo aver raggiunto il pieno. Così l’amoroso tormento si risolve in soffio lieve.”
La struttura interna dell’abitazione è un po’ inusuale rispetto a quella tradizionale delle case pompeiane: invece dell’atrio troviamo una sala rettangolare illuminata naturalmente ma senza molta intensità. Nella sala sono stati ritrovati molti vasi ed anfore impiegate nei lavori di ristrutturazione dopo il terremoto. Alcune parti della casa attendevano ancora la fine dei lavori. Attraversata questa sala si raggiunge l’atrio vero e proprio che porta a due cubicoli e ad un piccolo cortile con annessa cucina.Nel peristilio troviamo una decorazione su sfondo bianca molto semplice e delicata. Al primo piano un cubicolo è decorato con un soggetto mitologico: la presentazione della vacca di legno ideata da Dedali a Pasifae. Altra decorazione raffigura invece Venere e Marte. Nel 1997 sono stati rinvenuti molti oggetti in bronzo anche di rilevante valore artistico, un servizio da tavola e un cratere a calice con la raffigurazione del riposo degli Argonauti. Ultima annotazione per quanto riguarda questo edificio è il ritrovamento di tre letti con piedi e decorazioni bronzee.
Autore: Giovanni Lattanzi - pubblicato in data 4 gennaio 2010 - Email