Calco di uomo nell'orto dei fuggiaschi a Pompei - opera di Tiberio Gracco
“Il 5 febbraio 1863 mentre si sgombrava un vicolo, il Fiorelli, il direttore degli Scavi, venne avvertito dagli operai che avevano incontrato una cavità, in fondo alla quale si scorgevano delle ossa. Ispirato da un tratto di genio, Fiorelli ordinò che si arrestasse il lavoro, fece stemperare del gesso, che venne versato in quella cavità e in altre due vicine. Dopo aver atteso che il gesso fosse asciutto, venne tolta con precauzione la crosta di pomici e di cenere indurita. Eliminati questi involucri, vennero fuori quattro cadaveri “.
Il suggestivo testo racconta come venne inventato il metodo dei calchi, il quale tutt’oggi ci permette di vedere quali fossero state le espressioni dei visi, le contorte posizioni e le pieghe degli abiti dei Pompeiani sorpresi dalla “collera” del Vesuvio; inoltre, possiamo anche riconoscere le sagome degli armadi, degli animali, delle porte e delle radici delle piante.
Questo metodo è stato applicato ai corpi che, durante la fase finale dell’eruzione, furono ricoperti dalla cenere che, col passare del tempo, si è solidificata e ne ha assunto la forma e, successivamente al naturale processo di decomposizione, ha dato vita nel terreno a un incavo con l’impronta dei corpi.