La facciata è molto antica e di aspetto severo: presenta capitelli a dado tipici dell’età sannitica, architrave con listello dentellato ed è rivestita di stucco protetto da una tettoia (ora restaurata). La porta d’ingresso è a due battenti ed è una porta a finestra (sotto l’architrave presenta uno spazio aperto lasciato a giorno).
Sulla facciata sono visibili nove manifesti elettorali (ognuno con un nome diverso). Uno di questi manifesti riportava il nome di L. Ceius a cui è stato deciso di attribuire l’abitazione.
Il vestibolo termina con una seconda porta, stavolta a tre battenti, che affaccia sull’atrio a quattro colonne; il suo soffitto è formato da quattro fasce dipinte con ornamenti. Probabilmente la casa subì dei lavori di ristrutturazione e di decorazione nel I secolo d. C. : l’impluvio originale con frammenti in ceramica venne rifatto con lastre di marmo sui bordi.
Al momento dell’eruzione si stava costruendo un piano superiore per cui era già pronta una scala. Nello spazio sotto questa scala trovano posto undici lampade in terracotta e una in ferro oltre che una lanterna bronzea. Davanti alla casa, lungo la facciata, abbiamo un altro piano non in comunicazione con quello interno che era destinato al personale di servizio; la scala per l’accesso era posta vicino alla latrina alla cucina dove è stato ritrovato un mulino funzionante a mano.
L’atrio prevedeva il posto per un armadio, probabilmente in legno, con guscio di conchiglia madreporica e un rasoio che venne realizzato con manico in avorio. Come nella struttura abituale delle abitazioni dell’epoca troviamo la mensa in marmo retta da zampe feline nell’impluvio. Nel centro di questa stanza c’era anche una fontana, anch’essa in marmo, che prevedeva dei fori per lo scolo delle acque.
Nel cubicolo troviamo alcune decorazioni interrotte da finestre tra cui il quadro di una poetessa che da indicazioni ad una suonatrice di cetra. I colori molto vivaci e le tecniche fanno pensare che questi siano lavori successivi alla costruzione della casa realizzati quando ormai il terzo stile stava cadendo in disuso.
Quando venne inserito il piano superiore, il soffitto del tablino fu smantellato e si provvide quindi a rinnovarne anche la decorazione: troviamo infatti un emblema realizzato con piastrelle a forma di rombo circondato da un mosaico.
Uno degli esempi di pittura di terzo stile nella sua fase finale la troviamo nel tablino invernale: qui vediamo la raffigurazione di Bacco e la tigre. La divinità, ancora giovane, versa del vino all’animale. Questo dipinto si trova all’interno di un’edicola con tholos. Sulla parete opposta troviamo invece la raffigurazione di una Baccante con fiaccola.
Anche la decorazione del cubicolo è assolutamente particolare: busti di menadi e satiri che escono dai tendaggi, medaglioni con busti e tralci tutti realizzati in colori vivaci e di contrasto. Sulla parete di fondo troviamo la raffigurazione di Apollo con un suonatore di cetra e con una musa.
Vicino a questo cubicolo c’è un’altra stanza che venne forse usata come dispensa per i viveri. L’esterno presenta il dipinto di una ninfa-fontana con una civetta e una colomba. La ninfa versa dalla sua conca l’acqua che giunge fino ad un canale che scorre sotto i piedi della ninfa stessa. Alla fine del canale una sfinge porta una seconda conca da cui zampilla l’acqua del canale. Entrambe le figure fanno da cornice alla scena centrale di caccia: lupi contro cinghiali, una tigre che corre dietro a due arieti e un leone alle prese con un toro.
Le pitture sulle pareti laterali rappresentano grandi paesaggi del Nilo: gli animali sono quelli tipici di queste terre e anche l’architettura degli edifici è fortemente egittizzante. Nella stanza trovano spazio anche un pastore con mantello e cappuccio e una pinax posto tra mele e uva.
Autore: Giovanni Lattanzi - pubblicato in data 16 dicembre 2009