Posta su Via dell’Abbondanza, con ingresso secondario su vicolo del Menandro, la casa deve la sua moderna denominazione alla presenza, al di sotto dell’ampio giardino quadrangolare, di un lussuoso criptoportico con grandi finestre, sul quale si aprivano una stanza di soggiorno (oecus) e quattro ambienti termali coperti da volte originariamente decorate in fine stucco. Le ali del criptoportico erano affrescate con un ciclo pittorico ispirato a episodi dell’Iliade, un pregevole esempio di pittura pompeiana di II Stile finale: al di sopra di grandi teste si snodava la lunga sequenza di quadretti con personaggi eroici e divini indicati da didascalie in greco. L’ampia sala di soggiorno (oecus), con un eccezionale pavimento a mosaico, presentava sulle pareti una composizione pittorica simile a quella del Criptoportico, ma con quadretti ispirati a soggetti dionisiaci, parzialmente staccata per fini conservativi. Il primo impianto della domus risale al III secolo a.C. e in seguito l’edificio arrivò a inglobare l’adiacente Casa del Sacello Iliaco. Dopo il terremoto del 62 d.C. le due abitazioni tornarono a essere divise e indipendenti. Con la ristrutturazione avvenuta negli anni successivi al terremoto del 62, la Casa del Criptoportico perse i caratteri di sontuosa residenza subendo profonde trasformazioni, che ne alterarono le originarie volumetrie e destinazioni d’uso. Il loggiato rivolto a mezzogiorno venne trasformato in sala per banchetti, con la realizzazione di un triclinio in muratura, interamente rivestito di intonaco dipinto a fondo rosso, animato lungo le sponde da raffigurazioni di piante fiorite e volatili. Nel 1914, durante lo scavo del giardino, furono ritrovati i resti di vittime dell’eruzione, forse gli abitanti della casa: di questi, raccolti in gruppi di sei e dieci individui, furono realizzati alcuni calchi, ora esposti nella mostra “Rapiti alla morte”, allestita nell’Anfiteatro di Pompei. La casa subì i danni del bombardamento del 1943.