Fra i numerosi dipinti conservati in questa sezione (ritratti, paesaggi, scene mitologiche e storiche) ricordiamo quelli raffiguranti le "Tre Grazie", la "Menade dormiente", "Eracle e Telefo", la c.d." Flora", la "pseudo Saffo" e la "rissa nell'anfiteatro di Pompei tra pompeiani e nocerini".
Gli affreschi sono esposti al primo piano; vi si accede dal Salone della Meridiana, da una porta in fondo sulla sinistra. La collezione occupa le Sale 66-78.
Dopo quasi 10 anni di chiusura al pubblico della Collezione degli Affreschi (essendo in restauro non solo gli affreschi ma anche le sale in cui essi sono esposti), le sale sono state completamente riallestite. Dopo la riapertura nel settembre 2007 delle prime tre sale (Sala LXXV pitture da larari; Sala LXXVIII pittura popolare e ritratti; Sala LXXVII gli affreschi provenienti dalla Villa Arianna a Stabiae), a fine aprile 2009 sono state definitivamente riaperte tutte quante le altre sale che compongono la collezione.
I dipinti a carattere figurativo di Pompei sono quasi sempre copie, di solito tratte da altre copie di capolavori celebri dell'arte greca. che purtroppo sono andati perduti. Nei dipinti figurativi si tratta, nella maggior parte dei casi, di un capitolo marginale, trasferito in Campania, dell'arte ellenistica o, comunque, di una sua ultima conseguenza. Essa appare come la proiezione in un ambiente provinciale della corrente filoellenica presente nell'arte romana. Sono stati fatti molti studi per decidere se e quali delle pitture di Pompei, Ercolano, Stabiae e Oplontis possano essere sicuramente considerate come greche, campane e sannitiche. In effetti esse dovrebbero essere definite come appartenenti a tutt'e tre le scuole, con la clausola che alcuni tipi in Campania erano conosciuti ancora prima che venissero introdotti a Roma: anche se, viceversa, la dominazione romana in seguito doveva esercitare un'influenza stimolante sugli artisti campani.
La tecnica utilizzata per la realizzazione delle pitture parietali (affresco)consisteva nell'applicare al muro due o tre strati ben fatti di intonaco calcareo, mescolato con sabbia e calcite. Quindi si dipingeva prima il fondo e si lasciava asciugare. Quando il tutto si era ben essiccato, si aggiungevano le decorazioni. I colori venivano mescolati con calcare, mentre, per conferire brillantezza alla superfice, si aggiungevano anche colla e cera (encausto). Con tali mezzi le pitture acquistavano durevolezza e lucentezza. Tra l'altro, I pigmenti usati nell'antichità erano costituiti soprattutto da terre colorate come le ocre, da tinte minerali come il carbonato di rame e, infine, da tinte di origine vegetale e animale . Non era affatto facile acquistare padronanza della tecnica, ed era necessaria una grande avvedutezza da parte del pittore, il quale doveva riuscire a mettere in atto le sue idee con rapidità per ricoprire la massima superfice nel minor tempo. Tradizionalmente le pitture delle città vesuviane sono state assegnate a quattro stili diversi, susseguentisi nel tempo anche se qualche volta si sono sovrapposti. Oggi si pensa che tale suddivisione sia del tutto inadeguata a rappresentare la varietà delle tecniche pittoriche; essa però sarà conservata in questo sito dal momento che l'enorme sforzo di creare un sistema sostitutivo nonostante i numerosi tentativi potrà dare risultati solo nel futuro.